Dentro l’opera: 4 viaggi VR nei musei tra arte, storia e tecnologia

Negli ultimi anni, la realtà virtuale (VR) ha superato i confini del gaming per diventare uno strumento potente anche nel mondo della cultura. Non si tratta più solo di tecnologia per l’intrattenimento, ma di un linguaggio nuovo, capace di ridefinire la fruizione artistica. Le mostre immersive non sono più soltanto una curiosità in cui imbattersi in occasione di fiere e festival, ma sono vere e proprie esperienze museali che trasformano lo spettatore in protagonista dell’opera, cambiandone la prospettiva ed influenzando la percezione dell’opera stessa.

Nel cuore di questa rivoluzione c’è ovviamente il desiderio di avvicinare il pubblico all’arte attraverso nuovi mezzi, per rendere la visita al museo qualcosa di più di un’esperienza pacata, riflessiva e silenziosa. Da qui nasce l’idea di progettare una visita che diventa un viaggio interattivo e multisensoriale, capace di creare un coinvolgimento diverso. La VR, quindi, non sostituisce l’opera fisica, ma ne amplifica il potenziale narrativo ed emotivo, rafforzando la funzione educativa del museo.

4 esperienze che ridefiniscono il concetto di museo

Attraverso la realtà virtuale, l’esperienza artistica può arricchirsi di nuove dimensioni: non si vuole più solo guardare un quadro, ma ci si vuole entrare dentro, vivere l’esperienza da ogni punto di vista, incluso quello dell’autore.
Le possibilità offerte dalla tecnologia sono varie. Attraversare un giardino impressionista? Camminare accanto a Napoleone? I confini tra spazio reale e immaginario diventano sottili.

Teniamo presente che queste tecnologie non sostituiscono l’opera, ma ne esaltano l’essenza, riscrivendo il modo in cui ci relazioniamo alla bellezza, alla memoria e alla storia. La VR può essere un ponte con la cultura: capace di parlare a pubblici diversi, stimolare l’empatia e rendere il patrimonio artistico vivo e presente.

Le quattro esperienze che trovate qui di seguito lo dimostrano chiaramente, perché trasformano la visita al museo in un viaggio personale e multisensoriale:

Inside Monet: en plein air, nel cuore dell’impressionismo

L’esperienza “Inside Monet” è un esempio straordinario di come la realtà virtuale possa trasportare lo spettatore dentro l’opera. Immersi nei paesaggi di Claude Monet, uno dei fondatori dell’Impressionismo, i visitatori camminano tra i campi di papaveri, le ninfee di Giverny e i cieli del nord della Francia.

La pittura impressionista diventa ambiente, suono e movimento, mentre l’effetto “en plein air” si fa virtuale, permettendo una connessione emozionale e sensoriale con il mondo pittorico che va oltre il quadro. Questo viaggio nel colore e nella luce invita a guardare l’arte con occhi nuovi, in equilibrio tra pittura e natura.

La mostra è stata allestita in diversi contesti europei, adattandosi allo spazio fisico dei musei grazie a sistemi mobili e portatili. Questo ha permesso di ampliare il raggio d’azione, raggiungendo anche centri culturali minori o sedi scolastiche.

Napoleon VR a Bruxelles: la Storia prende vita a 360°

La capitale belga ospita “Napoleon VR“, una delle prime mostre storiche totalmente immersive. Attraverso visori VR, lo spettatore viene catapultato nel 1800, sul campo di battaglia di Waterloo, accanto all’imperatore francese.

Questa esperienza unisce accuratezza storica e storytelling immersivo, trasformando la visita museale in una lezione di storia vissuta in prima persona. Il pubblico può esplorare l’accampamento militare, ascoltare le voci dei soldati e osservare la strategia della battaglia. Un modello di intrattenimento educativo (oggi comunemente definito “edutainment“) perfetto per studenti, famiglie, appassionati di storia e chiunque ami viaggiare con la fantasia.

Il progetto è stato realizzato con il contributo di storici militari e ingegneri del suono: un impegno che ha richiesto oltre un anno di lavoro per ricostruire fedelmente gli ambienti e le atmosfere del tempo. Inoltre, uno dei suoi punti di forza è la possibilità di vivere l’esperienza anche in modalità remota, grazie a una versione VR disponibile online, con traduzioni in 5 lingue europee.

Monet e gli Impressionisti – Digital Experience: l’arte prende vita a Roma

A Roma, la mostra Monet e gli Impressionisti – Digital Experience presso il Next Museum propone una fusione tra video mapping, sound design e intelligenza artificiale. In questo tipo di esperienza, il visitatore è circondato da immagini in movimento, proiettate su pareti e pavimenti, in un percorso sensoriale che reinterpreta le opere in chiave contemporanea.

Il valore aggiunto è l’interattività: l’intelligenza artificiale permette una risposta visiva e sonora ai movimenti del pubblico, generando una dimensione partecipativa. In questo contesto, l’opera non si guarda: si vive. Nel percorso espositivo sono integrati anche pannelli esplicativi digitali, quiz interattivi e installazioni per bambini.
Si tratta perciò di un modo innovativo per coinvolgere anche i visitatori meno avvezzi ai musei tradizionali e stupire il pubblico di ogni età.

Klimt’s Magic Garden a Vienna: il giardino che non esiste

Nel 2018, il MAK (Museum für angewandte Kunst) di Vienna propose qualcosa di radicalmente diverso, ovvero il “Klimt’s Magic Garden“: un’installazione (sviluppata dall’artista Frederick Baker) che permetteva ai visitatori di immergersi in una realtà virtuale basata sui disegni preparatori di Gustav Klimt per il mosaico del Palais Stoclet. Si trattava di una mostra creata direttamente in VR, senza corrispettivo fisico.

Nel museo il visitatore entra in un labirinto onirico interamente virtuale, costruito con elementi tratti dalle opere di Klimt, per cui non è solo una reinterpretazione delle opere, ma una creazione originale immersiva, in cui l’arte si fonde con l’architettura virtuale e il design sonoro.
Qui la VR è stata oggetto di sperimentazione creativa, poiché venne creato una sorta di mondo parallelo dove l’estetica simbolista diventa spazio da esplorare.

I vantaggi? Più accessibilità, emozione e memoria

Alcuni ne sono molto entusiasti, altri invece storcono il naso all’idea di una mostra che può trasformare opere d’arte materiche in “semplici” creazioni digitali. Tuttavia, è importante sapere che le esperienze museali in realtà virtuale offrono anche una serie di benefici concreti per il pubblico:

  1. Accessibilità potenziata: le mostre immersive possono raggiungere pubblici lontani o con difficoltà motorie. Alcune esperienze possono infatti essere fruibili al di fuori del contesto museale e ciò permette di raggiungere molte più persone anche provenienti da altre aree geografiche.
  2. Maggiore engagement: la natura interattiva della VR aumenta la curiosità e l’attenzione del visitatore che si sente coinvolto. La visita richiede di compiere azioni e scelte che innescano un diverso approccio nei confronti dell’opera d’arte, arricchendone l’esperienza.
  3. Memorizzazione potenziata: coinvolgendo più sensi, la VR stimola l’attenzione e la memoria a lungo termine. Come dimostrano studi recenti sulle neuroscienze applicate alla didattica, la stimolazione multisensoriale e il coinvolgimento attivo migliorano l’apprendimento rispetto alla fruizione passiva.
  4. Attrazione per le nuove generazioni: ragazzi e giovani adulti sono più ricettivi verso gli approcci che coinvolgono le nuove tecnologie, in quanto nativi digitali. È chiaro quindi che i linguaggi visivi dinamici e gli ambienti immersivi della VR sono strumenti che contribuiscono ad avvicinare giovani e giovanissimi al mondo dell’arte.

Tutti elementi importanti nel processo di divulgazione dell’arte e della cultura. La VR ci offre opportunità uniche ed affascinanti, ma come funzionano esattamente le esperienze di questo genere?

Tecnologie a confronto

Le tecnologie impiegate nelle quattro esperienze analizzate variano in base all’obiettivo narrativo e allo spazio espositivo. Inside Monet e Napoleon VR fanno largo uso di visori per la realtà virtuale, con ambientazioni a 360° e possibilità di interazione, offrendo un’esperienza completamente immersiva.

La Digital Experience su Monet a Roma, invece, predilige la combinazione di video mapping, suono e intelligenza artificiale, creando un ambiente proiettato ma senza l’uso obbligatorio di visori.

Infine, Klimt’s Magic Garden rappresenta un caso unico, concepito interamente in realtà virtuale, fruibile solo attraverso dispositivi dedicati, in un ambiente costruito appositamente per esplorare lo spazio dell’opera in modo libero e sensoriale.

In sintesi, la VR contribuisce alla creazione di ecosistemi immersivi personalizzati, in cui narrazione, suono, interazione e spazio si fondono per creare un impatto duraturo nella mente del visitatore.

La tecnologia dietro le esperienze museali in VR

Ognuna di queste iniziative museali cerca di offrire esperienze diverse e perciò utilizza risorse e tecnologie differenti. Non soltanto headset di ultima generazione, ma anche intere ambientazioni simulate e gestite dalle potenzialità del digitale. Vediamoli in breve:

  • Oculus Quest 2, HTC Vive e Pico Neo sono i visori più utilizzati in ambito museale, scelti per la loro capacità di offrire libertà di movimento e alta risoluzione visiva.
  • Unity e Unreal Engine, invece, sono le piattaforme di sviluppo più comuni per le esperienze immersive, poiché permettono di integrare interazioni dinamiche e ambienti realistici.
  • Se si tratta di progetti che richiedono di modificare ambienti e suoni in tempo reale sulla base delle reazioni dell’utente, si ricorre all’uso di una AI generativa.
  • Cresce anche l’uso di tecnologie aptiche per aggiungere stimoli tattili alle esperienze, sebbene il loro utilizzo sia ancora in fase iniziale nel contesto artistico.
  • Infine, i contenuti possono essere fruiti anche da remoto, tramite versioni webVR, accessibili con un semplice browser e compatibili con smartphone o cardboard.

Queste tecnologie in continua evoluzione, combinate tra loro, danno vita a esperienze coinvolgenti e sempre più accessibili, trasformando il modo in cui viviamo l’arte, ovunque ci troviamo. Ma quale impatto può avere un’esperienza museale in VR?

I limiti: dal comfort alle critiche

Ebbene si, anche chi non apprezza queste iniziative in realtà virtuale ha delle motivazioni valide, perché nonostante l’entusiasmo crescente, le mostre in VR presentano ancora alcuni limiti:

  1. Effetto “wow” dominante: a volte la tecnologia rischia di oscurare il contenuto artistico, riducendo la profondità dell’esperienza. Il problema nasce dal fatto che si può rimanere più affascinati dalla presentazione che dall’opera stessa, perdendo il senso ultimo della visita.
  2. Disagio fisico: nonostante la tecnologia continui a migliorare, è comunque possibile che alcune persone avvertano la motion sickness legata all’uso di visori, per cui nausea, vertigini o fatica visiva rischiano di compromettere la loro esperienza museale in VR.
  3. Barriere economiche: l’adozione delle nuove tecnologie richiede costi aggiuntivi, sia per gli organizzatori (costi di sviluppo e delle strumentazioni) sia per i visitatori (biglietti più cari).
  4. Accessibilità selettiva: persone anziane, ipovedenti o con disabilità cognitive possono trovare difficoltà nella fruizione.

Un approccio equilibrato, che combini esperienza digitale e tradizione museale, sembra essere la chiave per superare queste criticità. Inoltre, la diffusione di software open source e strumenti più economici sta rendendo più accessibili anche le tecnologie più avanzate.

La VR come ponte tra reale e immaginario

Le esperienze presentate in questo articolo mostrano come la realtà virtuale possa rappresentare uno strumento straordinario per l’arte, a patto che venga utilizzata con consapevolezza. Non si tratta di sostituire il museo tradizionale, ma di offrire nuove chiavi di accesso per arricchire l’esperienza e renderla più coinvolgente.

Il futuro sembra orientato verso mix sempre più raffinati tra VR, AR, AI e arte fisica,per creare spazi capaci di amplificare il significato dell’opera e coinvolgere un pubblico eterogeneo. Non si tratta di sostituire il museo fisico, ma di accrescerne la missione educativa e sociale, sperimentando nuovi linguaggi per interpretare il passato e immaginare il futuro.

Chi ama l’arte oggi ha l’opportunità di viverla scoprendo mondi che solo ieri sembravano impossibili e ogni esperienza, reale o virtuale, può lasciare un segno profondo, se costruita con cura.

L’importante sarà non perdere mai di vista il contenuto: la tecnologia sarà solo il mezzo, ma non il fine. Chi ama l’arte oggi ha l’opportunità di viverla scoprendo mondi che solo ieri sembravano impossibili e ogni esperienza, reale o virtuale, può lasciare un segno profondo, se costruita con cura.